Nella nostra società, in continua evoluzione e trasformazione, molti ormai sono i modelli di “famiglia” con i quali il diritto e conseguentemente, noi avvocati, che operiamo ogni giorno per la tutela delle persone e dei loro diritti fondamentali, dobbiamo confrontarci.
Non esiste più un unico modello di famiglia, fondata sul matrimonio (religioso o civile).
Esistono anche le convivenze di fatto tra persone di sesso diverso o dello stesso sesso e le unioni civili.
Cioè esistono una serie di “legami” prima ignorati dal diritto di famiglia, che ora hanno ricevuto riconoscimento giuridico e tutela.
Così il nostro Ordinamento, grazie alla Legge n.76 del 20 maggio 2016 (c.d. Legge Cirinnà), ha compiuto un enorme passo in avanti ed una grande evoluzione verso la libertà individuale ed è andato incontro a una serie di situazioni prima “invisibili” al diritto, ma esistenti e concrete che necessitavano regolamentazione e tutela.
In base alla Legge Cirinna’ n.76/2016: sono conviventi di fatto “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, matrimonio o unione civile”. Per chiarire meglio non possono essere tutelati due conviventi di fatto, quando uno dei due è ancora sposato o separato, ma non divorziato.
La convivenza, tra due persone, se formalizzata all’anagrafe, con una “dichiarazione di coabitazione“, consente ai conviventi di rientrare nello stato di famiglia e riconosce loro diritti quali:
a)per l’ordinamento penitenziario: colloqui in carcere con il detenuto, permesso di visita a quest’ultimo in caso di imminente pericolo di vita del convivente.
b) il diritto di visita, assistenza e accesso alle informazioni personali in caso di malattia o ricovero del convivente.
c) la facoltà di nominare il partner, proprio rappresentante, con poteri pieni o limitati, per le decisioni in materia di salute in caso di malattia che comporta incapacità di intendere e di volere, per la donazione di organi in caso di morte ed anche per le esequie.
Nei casi sub b) e c) la designazione deve essere effettuata in forma scritta e autografa ovvero, se ciò non sia possibile, alla presenza di un testimone.
d) il diritto, per il convivente superstite, di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per 2 anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a 2 anni e comunque non oltre i 5 anni.
e) la facoltà di succedere nel contratto di locazione in caso di morte o di recesso del conduttore.
f) il diritto all’inserimento nelle graduatorie per l’assegnazione di alloggi di edilizia popolare.
g) il diritto di partecipazione agli utili dell’impresa familiare del convivente commisurato al lavoro prestato.
h) la facoltà di essere nominato tutore, curatore o amministratore di sostegno del partner dichiarato interdetto o inabilitato. i) il diritto al risarcimento del danno da fatto illecito che abbia provocato il decesso del partner, secondo i criteri individuati per il coniuge superstite.
Permangono tuttora delle disparità di trattamento rispetto ai coniugi uniti in matrimonio.
Ad esempio, non essendo previsto un obbligo reciproco di fedeltà, il convivente tradito non potrà richiedere l’ addebito o il risarcimento di alcun tipo in sede di scioglimento; il convivente superstite, non è considerato erede legittimo del partner; non è previsto il diritto alla pensione di reversibilità in caso di morte.
Per le Unioni civili, due persone maggiorenni, dello stesso sesso, con la dichiarazione davanti all’Ufficiale di Sato civile e alla presenza di due testimoni, acquisiscono diritti e doveri reciproci all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione.
Causa impeditiva dell’unione (che ne determina la nullità) è l’essere già unito in matrimonio o in unione civile con un’altra persona, la sussistenza di un rapporto di affinità o parentela tra le parti e la condanna per omicidio (anche tentato) nei confronti della persona coniugata o unita civilmente con l’altra parte.
La dichiarazione, resa viene registrata nell’Archivio dello stato civile del Comune con l’indicazione del regime patrimoniale prescelto (comunione o separazione dei beni) ed eventualmente il cognome comune della famiglia. E’ prevista la possibilità di scioglimento dell’unione civile, con effetto immediato, o dopo 3 mesi se ci sono due dichiarazioni rese disgiuntamente dinanzi all’ufficiale di stato civile.
Anche in questo caso permangono le stesse differenze di tutela rispetto al matrimonio, già rilevate per le convivenze di fatto.
Per andare a colmare gli spazi non disciplinati dalla normativa generale, sono nati dunque i Contratti di convivenza, cioè accordi atti a regolare i rapporti patrimoniali tra i conviventi.
Si tratta di accordi che per avere piena efficacia e valore legale, devono essere redatti in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata autenticata da un notaio o da un avvocato che ne attestano la conformità alle norme imperative e a all’ordine pubblico.
Inoltre, nei dieci giorni successivi alla sottoscrizione da parte delle parti, devono essere trasmessi in copia al Comune di residenza dei conviventi, dal notaio o dall’avvocato, ai fini dell’opponibilità ai terzi, si sensi degli artt. 5 e 7 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, 223.
Cosa possono contenere i CONTRATTI contratti in questione:
l’indicazione della residenza; le modalità di contribuzione alla vita comune in base ai redditi di ciascuno, il regime patrimoniale degli acquisti, separazione o comunione dei beni (che puo’ essere modificato anche successivamente con la stessa forma e modalità del contratto di convivenza).
I contratti possono essere sciolti per accordo delle parti o recesso unilaterale, ma sempre con le modalità necessarie alla costituzione del contratto iniziale.
Importante novità, in caso di cessazione della convivenza di fatto, esiste oggi la possibilità, di richiedere gli alimenti all’altro convivente da parte di colui che versi in stato di bisogno per un periodo proporzionale alla durata della convivenza e nella misura determinata ai sensi dell’art. 438 secondo comma, codice civile.
Due infine sono le ipotesi di risoluzione del contratto di convivenza disciplinate:
1) matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra uno dei conviventi e un’altra persona. In tal caso il contraente che ha contratto matrimonio o unione civile con un’altra persona, è tenuto a notificare l’estratto di matrimonio o l’unione civile al professionista che ha autenticato l’atto e all’atro contraente;
2) morte di uno dei conviventi, in tal caso gli eredi devono notificare al professionista che ha autenticato il contratto, l’estratto dell’atto di morte affinché provveda all’annotazione a margine del contratto dell’avvenuta risoluzione e a notificarlo all’anagrafe del comune di residenza.
Dunque possiamo dire che la Legge Cirinnà abbia segnato un cambiamento epocale e fondamentale nel diritto di famiglia, ampliando notevolmente l’ambito di tutela di molte situazioni che precedentemente non avevano ricevuto riconoscimento giuridico.
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